#MOVIDA AL VIA IL NUOVO PROTOCOLLO

#MOVIDA #VIOLENZA AL VIA IL PROTOCOLLO CON LA QUESTURA DI ROMA

#movida #violenza ferrigni avvia la nuova ricerca nei locali dell’eur

Lunedì 18 novembre il sociologo Nicola Ferrigni ha partecipato, presso la Questura di Roma, alla firma del Protocollo d’Intesa, rinnovato per il quarto anno, tra il Questore Carmine Esposito e i responsabili dei principali locali della movida romana dell’EUR (Spazio Novecento, Room26, Exe, San Salvador).

Il prof. Ferrigni, già fra gli anni 2017 e 2018, aveva diretto la ricerca #MoVita. La percezione della sicurezza nella movida romana, promossa sempre dalla Questura di Roma e realizzata da Link LAB, il Laboratorio di Ricerca Sociale della Link Campus University. La ricerca aveva studiato il fenomeno della movida romana, focalizzandosi su due aspetti in particolare: da una parte, le abitudini e i comportamenti di quello che nel dibattito pubblico è definito come il “popolo delle discoteche”, dall’altra parte, il livello di sicurezza percepita da chi abitualmente frequenta i locali.

A margine della sottoscrizione del Protocollo, il sociologo Ferrigni, commentando questo progetto di forte senso civico, ha spiegato che «come per la precedente ricerca sulla movida anche in questa occasione ci auguriamo che gli esiti del lavoro possano costituire un punto di partenza per la formulazione di proposte di azione e intervento, rivolte alle Forze dell’Ordine e alla società civile, finalizzate a una sensibilizzazione e a una più efficace gestione del fenomeno».

Il Protocollo d’Intesa risponde a un’esigenza sociale, che negli ultimi anni si è fatta sempre più forte. Si sta verificando, infatti, una imponente escalation della #movida selvaggia che coinvolge ogni weekend grandi città come la Capitale o centri minori della provincia italiana. Il prof. Ferrigni, intervistato proprio lo scorso 18 novembre per il «Il Giornale di Sicilia», era intervenuto su questo fenomeno che ha visto l’ennesimo episodio nella provincia di Ragusa, in particolare su quei temi spinosi che coinvolgono oggi l’universo giovanile quali la droga, l’alcool, la mancanza di punti di riferimento e l’apatia che, troppo spesso, degenerano in #violenza.

Ferrigni ha spiegato come «le nuove generazioni non abbiano più paura delle conseguenze delle proprie azioni. Si è allentato il timore nei confronti delle Istituzioni, specialmente verso la famiglia, intesa nella sua funzione sociale, come nucleo di riferimento e orientamento. Inoltre, è aumentato l’uso di alcol e stupefacenti, che alterano inevitabilmente la percezione e la coscienza del comportamento». Al giorno d’oggi, ha continuato il sociologo «non c’è più una motivazione scatenante: mentre un tempo la rissa in strada era accesa da un’offesa, da una provocazione o dalla gelosia, adesso è fine a se stessa, è diventata una forma di passatempo che completa la serata. La cartina di tornasole di questa trasformazione della violenza – ha concluso il prof. Ferrigni è il #knockoutgame la moda di prendere a pugni in testa uno sconosciuto per strada e poi scappare per puro “divertimento”: un fenomeno che sta prendendo piede anche in Italia».

REGIONALIZZAZIONE:
60% CONTRARI

REGIONALIZZAZIONE SCOLASTICA

CONTRARIO IL 60% DEI GIOVANI

La proposta del Ministro Marco Bussetti (Lega) relativa alla regionalizzazione dell’istruzione ha generato numerose preoccupazioni e polemiche tra insegnanti e studenti.

LA REGIONALIZZAZIONE SCOLASTICA

La proposta prevede la differenziazione dell’organizzazione della didattica, dello scorrimento delle graduatorie degli insegnanti e della loro retribuzione per alcune regioni come, appunto, il Veneto, Lombardia e l’Emilia Romagna. Queste ultime, in caso di approvazione della proposta di legge, potrebbero: differenziare la programmazione, l’offerta formativa e i percorsi di alternanza scuola-lavoro; disciplinare autonomamente l’assegnazione di contributi alle istituzioni scolastiche paritarie; regionalizzare sia fondi statali per il diritto allo studio, anche universitario, sia il trattamento economico del personale scolastico.

Il “mondo della scuola” si dichiara contrario a tale proposta preoccupati dagli effetti che avrebbe in termini di secessione tra regioni più ricche e più povere e sostengono l’incostituzionalità della regionalizzazione scolastica in contrasto con il principio delle pari opportunità culturali e sociali che la scuola pubblica deve garantire in tutto il territorio dello Stato e per tutti i cittadini, a prescindere dal reddito, dall’identità culturale o religiosa e dalla Regione di residenza.

IL SOCIOLOGO FERRIGNI SULLA REGIONALIZZAZIONE SCOLASTICA

Proprio in queste ore in cui la scuola si mobilita e scende in piazza per dire “no” alla regionalizzazione scolastica e per difendere l’istruzione pubblica, il sociologo Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio Generazione Proteo ha riportato i dati secondo cui l’indagine che ha coinvolto circa 10.000 studenti italiani, il 60% di essi è infatti contrario alla gestione autonoma dell’istruzione da parte delle singole Regioni

«Quando si parla di scuola– dichiara Nicola Ferrigni, professore associato di Sociologia generale e direttore dell’Osservatorio “Generazione Proteo” – siamo tutti consapevoli dell’esigenza di un rinnovamento, che tuttavia non può passare attraverso la creazione in partenza di disparità che accentuerebbero le differenze regionali e il divario tra Nord e Sud, quasi a volerlo stigmatizzare».

I giovani intervistati, quindi,  appaiono molto critici nei confronti di un sistema scolastico differenziato, giacché ritengono fondamentale un’istruzione democratica basata su programmi e percorsi educativi uguali per tutti (un’idea condivisa dal 30,4% degli intervistati) e che soprattutto garantisca pari opportunità di accesso, eliminando qualsivoglia discriminazione frutto di un eccessivo squilibrio tra le diverse aree regionali del Paese. Secondo il 30% circa degli studenti italiani, infatti, l’autonoma gestione delle risorse economiche in materia di istruzione creerebbe un divario enorme tra le diverse Regioni, a discapito di quelle meno ricche.

 

L’OPINIONE DEI GIOVANI PROTEO SULLA REGIONALIZZAZIONE DELL’ISTRUZIONE

La percentuale dei contrari sale in maniera significativa tra gli studenti del Sud Italia e delle Isole (complessivamente il 67,4%), laddove nelle Regioni centrali si mantiene sulla media rilevata a livello nazionale (58,6%). Al contrario, nelle Regioni del Nord Italia, sale il numero dei favorevoli, che rappresentano oltre la metà (55,1%) degli studenti intervistati; tra questi, è oltremodo condivisa l’opinione che debbano essere le Regioni a gestire in maniera autonoma le risorse economiche anche quando si parla di istruzione (37,1%), mentre non manca chi auspica, mediante un sistema scolastico differenziato, una valorizzazione delle specificità territoriali (18%).

No, dunque, alla regionalizzazione, ma sì a una scuola che cambia: «il sistema formativo – continua Nicola Ferrigni necessita di essere ripensato anche alla luce delle trasformazioni sociali ed economiche che hanno caratterizzato il nostro Paese, mettendo al centro il ruolo nevralgico del docente».

L’imprescindibile compito svolto dagli insegnanti in tale processo è infatti riconosciuto dagli stessi studenti che, se da un lato ne esaltano caratteristiche e virtù giudicandolo “uno dei mestieri più importanti” (35,1%), e una “vocazione” (25,5%), dall’altro denunciano come oggi la categoria sia invece sottovalutata e/o sottopagata (30,3%).

«I giovani– conclude Nicola Ferrigninon solo ribadiscono la centralità del ruolo sociale della scuola quale agenzia educativa, ma investono di grande responsabilità gli stessi insegnanti in tale processo, riconoscendo e certificando l’importanza e l’autorità dell’incarico che essi ricoprono, anche attraverso la richiesta di un loro upgrade economico».

 

 

COMUNICATO STAMPA

i giovani del 2019:
generazione di re-attori

I RE-ATTORI. ASPIRANTI PROTAGONISTI IN CERCA DI LEGITTIMAZIONE

7° rapporto di ricerca (2019)

Chi sono i giovani della “Generazione Proteo”? Quali tratti caratterizzano i circa 100mila ragazzi intervistati in 6 anni di attività, 110mila considerando anche i dati 7° Rapporto di ricerca? Nel corso degli anni, la ricerca condotta dall’ Osservatorio “Generazione Proteo, ha consentito di tratteggiare l’immagine di una generazione inafferrabile, fatta di solisti fuoriclasse e talentuosi acrobati impegnati in una quotidiana corsa a ostacoli e che vede nella cultura l’antidoto alla follia di una società che sembra aver smarrito il senso più vero e autentico del concetto di “pubblico”. Una generazione infine, quella tratteggiata appena un anno orsono, fatta di cre-attori costretti quotidianamente a confrontarsi con una società sempre più fuorisync nel suo essere follower.

È proprio questo disallineamento l’ideale anello di congiunzione tra la precedente edizione della ricerca e i risultati dell’indagine.

Rispetto a un anno fa, il 7° Rapporto di ricerca conferma, infatti, il permanere di questo disallineamento, ma introduce anche un significativo elemento di novità, identificato in un inarrestabile desiderio di reazione da parte dei giovani. Di qui dunque la scelta di definire i giovani del 2019 come i re-attori, termine particolarmente efficace per spiegare tanto la spinta propulsiva che li contraddistingue (quella stessa spinta che, per definizione, caratterizza un reattore) quanto il loro candidarsi a un ruolo di attori protagonisti rispetto a un copione che li ha – sicuramente anche non volutamente – relegati al ruolo di spettatori (e di qui il gioco di parole del re-attore, ovvero l’attore che reagisce).

Ma rispetto a cosa i giovani si candidano a essere reattori? Certamente rispetto a una società percepita come fortemente individualistica, e nella quale i rapporti, le relazioni, faticano a trovare una durata che vada oltre il tempo di un video scambiato su WhatsApp o condiviso sui social network, quando non addirittura a valicare i confini di una dimensione esclusivamente virtuale. A questa tendenza all’individualismo i giovani reagiscono invece con una marcata propensione all’altruismo e, più in genere, a una visione del sé in relazione, in partecipazione e in comunione con l’altro. Non a caso “aiutare gli altri” è il principale insegnamento che i giovani si aspettano e chiedono ai propri genitori (45,3%). Questa propensione all’altruismo prende forma in molteplici e diversi ambiti nei quali si declina la quotidianità dei nostri giovani. Per esempio, quando si parla di volontariato, che il complessivo 69,5% degli intervistati dichiara di svolgere e/o di voler svolgere. In particolare, a muovere i giovani a compiere gesti di solidarietà è principalmente uno slancio altruistico, come suggerisce il 32,5% degli intervistati che risponde “per provare a cambiare il mondo che ci circonda” o quel 26,9% che si dichiara mosso dal desiderio di “fare qualcosa di concreto per la società”.

 

“Altruismo” non fa tuttavia rima solo con “solidarietà”, ma anche con “inclusione”. Soprattutto nei confronti degli omosessuali, che per la maggioranza degli intervistati (54,5%) non hanno nulla che li renda diversi dagli altri (54,5%); semmai, come sostiene il 19,2%, essi contribuiscono a una società più aperta e nuova. “Altruismo”, per i giovani intervistati, significa infine dire “sì” alla donazione degli organi (89,4%), così come esprimersi a favore dei diritti civili: l’84,1% è a favore delle unioni miste, il 64% alla fecondazione assistita, il 60,8% all’aborto, mentre essi appaiono più cauti sul suicidio assistito (51,6%) e l’adozione di un figlio per le coppie omosessuali (47,2%). Stesso discorso per quanto riguarda la distribuzione dei preservativi a scuola (56,2%) e la legalizzazione delle droghe leggere (53,9%), mentre i giovani si spaccano sulla possibilità della patente a 16 anni (47,4% a favore, 38,1% contrari), infine dicono un deciso “no” all’acquisto di alcool (72,3%) e di sigarette (69,8%) per i minorenni.

 

Altrettanto importante è la spinta propulsiva che muove gli stessi a reagire allo stereotipo di una generazione poco interessata nei confronti della politica. A conferma di ciò, negli ultimi due anni la curva dell’interesse dei giovani nei confronti della politica ha subìto una vera e propria impennata, crescendo dal 30% del 2016 al 39,1% del 2018, fino al 41% del 2019. Dopo anni nel corso dei quali è stato registrato un sostanziale disinteresse dei giovani nei confronti della politica, il 2019 certifica dunque quel ritorno di interesse già riscontrato nel 2018. Ma non solo. Nelle passate edizioni della ricerca, infatti, più volte si era registrata un’elevata percentuale di “non risponde” alle domande in cui si chiedeva ai ragazzi di dire la loro su ciò che la politica potrebbe o dovrebbe fare. Ebbene, quest’anno la ricerca segna una significativa inversione di tendenza, gettando acqua su quella cultura del sospetto che sovente anche i media contribuiscono ad alimentare: i giovani non solo sono informati sui principali temi al centro dell’agenda politica, ma rispetto ad essi hanno una propria opinione che sono altrettanto in grado di argomentare, di motivare.

Gli esempi sono tantissimi: si pensi al tema, oggi attualissimo, del reddito di cittadinanza. Qui circa 2 giovani su 3 si dichiarano a favore della misura, che percepiscono principalmente come uno strumento in grado di restituire dignità alle persone in difficoltà (20,3%) ma che, nel 37,7%, approvano solo a patto che ci siano i necessari controlli.

Oppure in tema di legittima difesa, a favore della quale si schiera la quasi totalità degli intervistati (85,5%), seppur rimarcando come sia giusto sparare a un ladro che entra in casa solo ove vi sia un reale e oggettivo pericolo di vita.

 

Un altro tema al centro dell’agenda politica sul quale i giovani mostrano di essersi fatti un’opinione è quello relativo alla regionalizzazione dell’istruzione, rispetto alla quale si dicono contrari poiché ritengono che non debbano esserci differenze nei programmi scolastici (30,4%) o perché temono gli effetti negativi sulla formazione derivanti dal divario economico tra Regioni (29,1%).

Una domanda non poteva poi non riguardare l’alleanza di governo, che non convince il complessivo 70,9% degli intervistati, principalmente perché vi è la percezione di profonde differenze tra le diverse forze politiche coinvolte (32,8%), ma senza dimenticare quel 27,5% di intervistati secondo cui l’alleanza di governo sarebbe solo “un modo di spartirsi le poltrone”.

Un altro tema di grandissima attualità, sul quale i giovani appaiono non solo informati, ma anche in grado di esprimere e motivare la propria opinione è quello relativo alla chiusura dei porti ai migranti, rispetto al quale quasi il 40% degli intervistati (37,6%) rimarca come si tratti di una questione che va oltre i confini e le responsabilità dei singoli Stati, e su cui invece è necessario un intervento strutturale da parte dell’Unione Europea.

 

Emerge poi un altro stereotipo nei confronti del quale i giovani mostrano chiaramente di voler reagire, e che chiama in causa il tema di più stretta attualità che il questionario è andato a indagare, ovvero l’Europa.

In una società che tende infatti sempre più a spaccarsi tra europeisti e anti-europeisti, i giovani Proteo assumono invece una posizione diversa. Essi percepiscono infatti l’Europa principalmente come un processo culturale, come suggerisce quel 31% di intervistati secondo cui essere cittadini europei significa “costruire una cultura condivisa”. Rispetto a un’idea di Europa che nel percepito comune rimanda primariamente alla dimensione economica, i giovani rispondono dunque con l’immagine di un’Unione culturale europea.

Ma i giovani hanno anche una chiara idea della dimensione politico/istituzionale dell’Ue, che essi percepiscono primariamente come potenza internazionale (21%), nell’ambito della quale, tuttavia, non tutti i Paesi possono vantare lo stesso livello di influenza (25,3%). Un’Europa su cui – a detta di 1 intervistato su 5 (20,3%) – grava in primis la responsabilità di non aver saputo gestire il problema dell’immigrazione.

In questa Europa dove non tutti i Paesi possono vantare la stessa influenza, la maggioranza dei giovani (59,4%) ritiene che l’Italia conti per nulla (9,3%) o poco (50,1%). Eppure, il 78,9% sostiene che il nostro Paese non dovrebbe uscire dall’Ue.

Un’Europa, infine, alla cui costruzione i giovani non intendono sottrarsi, come certifica quell’80,2% di intervistati che andrà a votare il prossimo 26 maggio, e questo principalmente perché – in maniera del tutto speculare a quanto emerso lo scorso anno con riferimento alle elezioni politiche – “votare è un dovere civico” (76,6%).

 

Un quarto ambito rispetto al quale i giovani del 7° Rapporto di ricerca si candidano come reattori chiama in causa quella crisi del concetto di “pubblico” che era già emersa nel 4° Rapporto di ricerca, e che in questi anni ha sempre trovato conferma nelle  indagini dell’ Osservatorio.

Al di là della percezione, che essi hanno da tempo di questa crisi, ciò che caratterizza i giovani del 7° Rapporto è tuttavia – e ancora una volta – una spinta al cambiamento, che prende forma anzitutto in quella rinnovata consapevolezza che essi mostrano della centralità del ruolo sociale di agenzie educative quali la famiglia o la scuola. Da questo punto di vista, colpisce in particolare come i giovani esaltino il ruolo dell’insegnante, che giudicano come “una vocazione” (25,5%) e “uno dei mestieri più importanti” (35,1%), denunciando nel contempo il fatto che esso, nel nostro Paese, sia sottovalutato e/o sottopagato (30,3%)e condannano dunque i tanti episodi di violenza di cui gli insegnanti sono vittime, rimarcando come essi siano frutto anche di quel clima di violenza e odio cui – ad avviso del 15,6% degli intervistati – la società attuale ormai quotidianamente istiga e che nell’hate speech trova la sua massima espressione nei social, che i giovani vedono in primis come il principale strumento attraverso cui vengono veicolati foto, video, scherzi o insulti cattivi che, per il 57% degli intervistati, rappresentano la principale minaccia alla propria reputazione. Per non dire delle fake news, alla cui diffusione contribuiscono in egual misura una dolosa volontà di condizionare negativamente fatti o personaggi pubblici/politici (27,5%), una colposa superficialità nella condivisione dei contenuti in Rete (26,9%), infine una edonistica ricerca dei “like” (23,2%).

A questa società violenta e che ha smarrito il concetto di “pubblico”, la maggioranza dei giovani reagisce tuttavia con un “no” alla pena di morte, la cui percentuale di contrari cresce quest’anno al 55,6% (contro il 41,4% del 2018), mentre a dichiararsi a favore è il 28,4% (dato in diminuzione rispetto al 34,5% di un anno fa, seppur ancora allarmante).

 

Da ultimo, i giovani del 7° Rapporto di ricerca mostrano un reale desiderio di reazione dinanzi alla crisi del mercato del lavoro. Appena pochi anni fa, infatti, nella classifica delle paure giovanili svettava il timore di non poter trovare un lavoro. Oggi quella paura, seppur non svanita, trova tuttavia una diversa declinazione, grazie all’acquisita consapevolezza di un lavoro che non va soltanto cercato, quanto piuttosto creato.

Di qui dunque il plauso dei giovani nei confronti di quelle persone che hanno saputo trasformare le proprie passioni in attività lavorative, a cominciare dagli influencer (il 40,9% degli intervistati riconosce loro di aver saputo trasformare un hobby in un business) e dai gamer (il 48,4% plaude infatti la loro capacità di aver fatto “fruttare una passione personale”), per non dire della possibilità di avviare una propria start-up, a favore della quale si dichiara quasi la metà degli intervistati (44,9%).

E del posto fisso, invece, cosa pensano i giovani? Metà di essi tendono a considerarlo negativamente: il 29% afferma infatti che non è possibile rinunciare alle proprie ambizioni per uno stipendio sicuro, mentre il 14,9% lo giudica esplicitamente come l’emblema di una visione del lavoro totalmente fuorisync rispetto all’economia attuale.

 

Tra le principali paure la ricerca dice che – ai primi posti di questa particolare classifica – c’è la povertà, che spaventa il 22,1% dei giovani.

Quella stessa povertà, o meglio il suo contrasto, che svetta anche in cima alla lista delle priorità di cui, ad avviso dei giovani, dovrebbe occuparsi il Governo (21,7%), pur in una classifica dove fatica a emergere una reale priorità a dispetto invece di una richiesta di impegno complessivo dal quale non restino esclusi il contrasto alla criminalità (15,9%), la riduzione delle tasse (14,4%), la gestione dei flussi migratori (12,9%), le politiche per l’occupazione (12,7%), la riduzione dell’evasione fiscale (10,3%), le politiche per l’ambiente (10%).

Mancanza del lavoro da una parte e povertà dall’altra sono dunque i principali timori – diversi tra loro eppure oggi quanto mai strettamente correlati – che affliggono i giovani e che i giovani stessi identificano come simboli del disagio sociale. Un disagio che, a detta degli intervistati, prende forma soprattutto nell’immagine di un padre che decide di togliersi la vita dopo aver perso il proprio lavoro (33,4%).

In conclusione, nel loro essere portatori di una spinta propulsiva, i giovani non rimandano infatti a un futuro non meglio precisato l’assunzione di un ruolo attivo nella nostra società. È qui e adesso che essi vogliono far sentire la loro voce, perché esprimere la propria opinione è “uno dei principi essenziali della società” (60,8%). Di qui dunque il loro plauso verso iniziative ben note come quella di Greta, che i giovani ammirano perché è riuscita a riportare all’attenzione pubblica un tema importante (40,5%) e per il suo essere un esempio che ha indotto altri ragazzi a fare lo stesso (12,5%).

 

#PROTEOBRAINS2019
COMUNICATO STAMPA
RASSEGNA STAMPA
CONFERENZA STAMPA

#PROTEOBRAINS2019
La Conferenza Stampa

#PROTEOBRAINS2019

LA CONFERENZA STAMPA

Mercoledì 15 e Giovedì 16 maggio, presso la Link Campus University, si svolge la 4° edizione di #ProteoBrains, il consueto evento annuale dell’Osservatorio “Generazione Proteo”, diretto dal prof. Nicola Ferrigni. Anche quest’anno la “due-giorni” coinvolge centinaia di studenti delle scuole secondarie di secondo grado italiane, in rappresentanza dell’intero territorio nazionale.

Come da tradizione, #ProteoBrains si è aperto ufficialmente alle ore 11:00 del 15 maggio con la conferenza stampa, un momento di dibattito e confronto con autorevoli esponenti delle Istituzioni, del mondo accademico e della società civile alla presenza di rappresentati del Governo e delle Istituzioni.

 

I RISULTATI DEL 7° RAPPORTO DI RICERCA

Questo momento è stata l’occasione per presentare i risultati del 7° Rapporto di ricerca nazionale realizzato dall’Osservatorio e che quest’anno ha visto intervistati circa 10.000 studenti di età compresa tra i 17 e i 19 anni.

«La nostra ricerca – dichiara il prof. Nicola Ferrigni conferma il permanere di un disallineamento tra il mondo adulto e i giovani, cui tuttavia questi ultimi rispondono rivelando un inarrestabile desiderio di reazione, che abbiamo sintetizzato nella definizione di “giovani re-attori”. Tuttavia, nel loro candidarsi ad attori protagonisti del presente, i nostri giovani hanno bisogno di essere legittimati in questo ruolo dal mondo adulto e dalle Istituzioni. La generazione dei re-attori ci ha lanciato un assist – conclude il sociologo Ferrigni e sta a noi, mondo adulto, scegliere se sostenere o meno la sua candidatura. Ma con la consapevolezza che, in assenza di un tempestivo riscontro, i giovani (questo ci dice la nostra ricerca) sceglierebbero, se potessero, di vivere un’altra epoca o di nascere in un altro Paese».

 

GLI INTERVENTI

I lavori della conferenza stampa sono stati aperti dal prof. Vincenzo Scotti, Presidente della Link Campus University, il quale ricollegandosi al tema chiave di questa edizione di #ProteoBrains ha ricordato la capacità della musica e del suono di ricomporre il contesto socioculturale. Riguardo la ricerca condotta dall’Osservatorio, il Presidente ha lodato la qualità dei dati raccolti indicando l’attività come un esempio di ricerca che muove verso una conoscenza puntuale e ricca.

Al dibattito – moderato dal prof. Piero Schiavazzi, Vaticanista e docente presso la Link Campus University – è intervenuto anche  il prof. Fabrizio Fornari, ordinario di Sociologia generale all’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, che ha sottolineato l’importanza di adottare un approccio critico quale strumento fondamentale per non subire la società e ha sottolineato i ruoli degli adulti quale guida per i giovani verso il futuro, facendogli comprendere anche che l’errore non è da evitare, ma si può tradurre in un vantaggio competitivo.

A seguire la prof.ssa Anna Maria Giannini, ordinario di Psicologia presso Sapienza-Università di Roma, ha sottolineato il dato sul ritrovato interesse dei giovani per politica, dichiarandosi molto confortata nel pensare che essi abbiamo a cuore l’Europa e che affermino di recarsi alle urne in occasione delle elezioni europee.

Anche il giornalista e conduttore radiofonico e televisivo David Parenzo si è soffermato sul tema dell’Europa e sulla percezione che di essa hanno i giovani, affermando appunto che la classe dirigente deve considerare i dati come quelli emersi dal Rapporto di Ricerca per conoscere cosa pensano e vogliono realmente i giovani.

Prezioso l’intervento del prof. Lorenzo Fioramonti, Vice Ministro al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, già Professore ordinario di Economia politica all’Università di Pretoria, secondo il quale i dati del Rapporto confermano che l’economia italiana è in cambiamento e che i giovani riconoscono nella qualità del lavoro un elemento importantissimo, troppe volte trascurato dalle Istituzioni.

«I giovani hanno paura di non farcela – afferma il Vice Ministro – per questo tocca allo Stato garantire loro la possibilità di rischiare e sentirsi sicuri. Le Istituzioni devono offrire soluzioni di sicurezza che permettano ai giovani di seguire l’ambizione».

Hanno partecipato alla conferenza anche due giovani di #ProteoBrains, Giovanni Compagno dell’ Istituto Scolastico Paritario “G. Parini” di Mestre e Francesca Chieco del Liceo Scientifico “G.Salvemini” di Bari, intervenuti in qualità di rappresentanti degli studenti e i quali alla domanda su dove vedono il loro futuro affermano di immaginarlo dove possono essere veramente protagonisti della loro vita.