REGIONALIZZAZIONE SCOLASTICA

CONTRARIO IL 60% DEI GIOVANI

La proposta del Ministro Marco Bussetti (Lega) relativa alla regionalizzazione dell’istruzione ha generato numerose preoccupazioni e polemiche tra insegnanti e studenti.

LA REGIONALIZZAZIONE SCOLASTICA

La proposta prevede la differenziazione dell’organizzazione della didattica, dello scorrimento delle graduatorie degli insegnanti e della loro retribuzione per alcune regioni come, appunto, il Veneto, Lombardia e l’Emilia Romagna. Queste ultime, in caso di approvazione della proposta di legge, potrebbero: differenziare la programmazione, l’offerta formativa e i percorsi di alternanza scuola-lavoro; disciplinare autonomamente l’assegnazione di contributi alle istituzioni scolastiche paritarie; regionalizzare sia fondi statali per il diritto allo studio, anche universitario, sia il trattamento economico del personale scolastico.

Il “mondo della scuola” si dichiara contrario a tale proposta preoccupati dagli effetti che avrebbe in termini di secessione tra regioni più ricche e più povere e sostengono l’incostituzionalità della regionalizzazione scolastica in contrasto con il principio delle pari opportunità culturali e sociali che la scuola pubblica deve garantire in tutto il territorio dello Stato e per tutti i cittadini, a prescindere dal reddito, dall’identità culturale o religiosa e dalla Regione di residenza.

IL SOCIOLOGO FERRIGNI SULLA REGIONALIZZAZIONE SCOLASTICA

Proprio in queste ore in cui la scuola si mobilita e scende in piazza per dire “no” alla regionalizzazione scolastica e per difendere l’istruzione pubblica, il sociologo Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio Generazione Proteo ha riportato i dati secondo cui l’indagine che ha coinvolto circa 10.000 studenti italiani, il 60% di essi è infatti contrario alla gestione autonoma dell’istruzione da parte delle singole Regioni

«Quando si parla di scuola– dichiara Nicola Ferrigni, professore associato di Sociologia generale e direttore dell’Osservatorio “Generazione Proteo” – siamo tutti consapevoli dell’esigenza di un rinnovamento, che tuttavia non può passare attraverso la creazione in partenza di disparità che accentuerebbero le differenze regionali e il divario tra Nord e Sud, quasi a volerlo stigmatizzare».

I giovani intervistati, quindi,  appaiono molto critici nei confronti di un sistema scolastico differenziato, giacché ritengono fondamentale un’istruzione democratica basata su programmi e percorsi educativi uguali per tutti (un’idea condivisa dal 30,4% degli intervistati) e che soprattutto garantisca pari opportunità di accesso, eliminando qualsivoglia discriminazione frutto di un eccessivo squilibrio tra le diverse aree regionali del Paese. Secondo il 30% circa degli studenti italiani, infatti, l’autonoma gestione delle risorse economiche in materia di istruzione creerebbe un divario enorme tra le diverse Regioni, a discapito di quelle meno ricche.

 

L’OPINIONE DEI GIOVANI PROTEO SULLA REGIONALIZZAZIONE DELL’ISTRUZIONE

La percentuale dei contrari sale in maniera significativa tra gli studenti del Sud Italia e delle Isole (complessivamente il 67,4%), laddove nelle Regioni centrali si mantiene sulla media rilevata a livello nazionale (58,6%). Al contrario, nelle Regioni del Nord Italia, sale il numero dei favorevoli, che rappresentano oltre la metà (55,1%) degli studenti intervistati; tra questi, è oltremodo condivisa l’opinione che debbano essere le Regioni a gestire in maniera autonoma le risorse economiche anche quando si parla di istruzione (37,1%), mentre non manca chi auspica, mediante un sistema scolastico differenziato, una valorizzazione delle specificità territoriali (18%).

No, dunque, alla regionalizzazione, ma sì a una scuola che cambia: «il sistema formativo – continua Nicola Ferrigni necessita di essere ripensato anche alla luce delle trasformazioni sociali ed economiche che hanno caratterizzato il nostro Paese, mettendo al centro il ruolo nevralgico del docente».

L’imprescindibile compito svolto dagli insegnanti in tale processo è infatti riconosciuto dagli stessi studenti che, se da un lato ne esaltano caratteristiche e virtù giudicandolo “uno dei mestieri più importanti” (35,1%), e una “vocazione” (25,5%), dall’altro denunciano come oggi la categoria sia invece sottovalutata e/o sottopagata (30,3%).

«I giovani– conclude Nicola Ferrigninon solo ribadiscono la centralità del ruolo sociale della scuola quale agenzia educativa, ma investono di grande responsabilità gli stessi insegnanti in tale processo, riconoscendo e certificando l’importanza e l’autorità dell’incarico che essi ricoprono, anche attraverso la richiesta di un loro upgrade economico».

 

 

COMUNICATO STAMPA
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