Gli italiani sono sempre più indifferenti, diffidenti e insoddisfatti nei confronti della politica. Stando ai più recenti sondaggi, solo il 30,8% delle persone si informa di politica tutti i giorni. La sfiducia nel Governo tocca i minimi storici soprattutto tra i giovani. Secondo il sondaggio “Generation What?”, che ha rivelato le opinioni dei cittadini europei dai 18 ai 34 anni, il più alto tasso di sfiducia nella politica si registra proprio in Italia con il 94%. In questa ricerca emerge però anche un dato interessante: il 69% dei giovani vuole votare. Ciò significa che la sfiducia non si rivolge contro la politica in quanto tale, ma contro il suo attuale assetto. Dunque, esistono ampi spazi per proposte innovative.
A partire dai risultati di questo sondaggio, il giornalista Tiziano Zaccaria ha intervistato per «Viversani e belli» il sociologo Nicola Ferrigni. In particolare, Ferrigni definisce quella di oggi «una società smarrita, diffidente, alla ricerca di una nuova identità sociale e culturale. Le istituzioni, a loro volta, sono percepite dai cittadini come incapaci di affrontare i problemi. A questo senso di sfiducia ha fatto da contraltare un elevato desiderio di individualismo che caratterizza i nostri rapporti, le nostre relazioni private e sociali. Possiamo parlare di una visione privata della società che spinge i cittadini a prendere sempre più le distanze dalle Istituzioni».
Il giornalista ha chiesto altresì a Ferrigni quale possa essere la ricetta per uscire dall’impasse e se la perdita di fiducia è il segno di una società sempre più liquida dove l’individualismo ha preso il sopravvento.
«Credo che potremmo elencare molte categorie i cui rapporti di fiducia, nel corso degli ultimi anni, si sono incrinati: i lavoratori e i sindacati, i figli e i genitori anziani e così via. Una vera e propria crisi di rappresentanza della società moderna, che porta al conflitto, in quanto reazione alla trasformazione sociale e culturale in corso. Oggi assistiamo a un’implosione delle garanzie sociali, che prima costituivano il nerbo dell’esistenza e che invece nell’ultimo decennio si sono smarrite, sgretolate. A mio avviso, rimettendo al centro due elementi essenziali: la cultura e l’ascolto. Credo che la facilità con cui rompiamo le relazioni derivi in gran parte dalla mancanza dell’ascolto reciproco. E poi la cultura, in quanto conoscenza, scoperta e consapevolezza, elementi imprescindibili per stabilire rapporti basati sulla fiducia».