Dopo la pubblicazione, la scorsa settimana, di un articolo di Aldo Forbice, sul quotidiano «La Verità», si torna a parlare di suicidi per motivazioni economiche con un articolo scritto da Nicola Ferrigni, direttore dell’omonimo Osservatorio istituito nel 2012 presso la Link Campus University, con cui si annuncia l’avvio di una task force.
«Il fenomeno dei suicidi per motivazioni economiche – scrive il direttore dell’Osservatorio – avendo forti ripercussioni sociali, esige una assunzione di responsabilità anche da parte delle Istituzioni culturali, a cominciare proprio dal mondo accademico. È per questo che con il mio Osservatorio ho deciso di raccogliere attorno a un tavolo tutte quelle organizzazioni di categoria, enti e associazioni che in questi anni si sono rivolte a me per acquisire quella conoscenza del fenomeno funzionale nelle loro quotidiane attività di supporto a imprenditori, disoccupati, precari e pensionati in difficoltà, e alle rispettive famiglie. Una task force, convocata per il 29 gennaio 2019, finalizzata a individuare insieme azioni, idee, proposte funzionali alla progettazione e promozione di politiche e interventi legislativi, e nel contempo alla ideazione e condivisione di percorsi di reinserimento familiare, sociale, professionale dei soggetti più esposti anche attraverso la formalizzazione di una partnership con i Centri per l’impiego e le agenzie interinali».
Nel suo articolo, Ferrigni prova altresì a “mettere ordine” nella selva, spesso confusa, di numeri relativi al fenomeno, precisando come i suicidi per motivazioni economiche registrati dall’Osservatorio dall’inizio del 2012 fino al 30 giugno 2018 siano complessivamente 937, cui si aggiungono 661 tentati suicidi. «Dunque – rimarca il direttore dell’Osservatorio – nel complesso 1.600 circa situazioni di estremo disagio economico e sociale». Ferrigni si sofferma altresì sui fattori, economici e sociali, che possono incidere sulla decisione di una persona di togliersi la vita, sottolineando a tal proposito come “motivazioni fattuali” (perdita del lavoro, incapacità di assolvere ai propri debiti, ecc.) tendano spesso a coesistere con “motivazioni sociali” (in cima alla cui lista svetta la percezione del suicidio come strumento per recuperare la dignità perduta).
Di qui dunque l’esigenza di una risposta anche legislativa, perché l’allarme sociale di cui i suicidi per motivazioni economiche è «tanto più grave e sentito poiché esso si intreccia con i temi del lavoro e delle scelte di politica economica e di welfare».